Mercoledì 4 gennaio 2017, a Napoli, centro storico, zona di Forcella, alcuni giovani camorristi, emissari di uno dei clan che si contendono la zona, passano a riscuotere il pizzo dai bancarellari. Un extracomunitario si rifiuta di sottostare all’estorsione. Un paio di amici lo sostengono. I camorristi tornano poco dopo con rinforzi, sparano nel mercatino affollato, gambizzano i tre, ferendo al piede anche una bambina di 10 anni che si trovava in zona per fare acquisti.
A quest’ultima va naturalmente tutta la nostra solidarietà, ma non può non colpirci il fatto che, negli annunci dei telegiornali e ancor più negli incipit dei giornali cartacei e web del giorno dopo, le altre tre vittime dell’agguato, quelle che lo hanno subito non per caso, ma perché si erano ribellate ad un’estorsione, siano quasi subito scomparse dalla scena mediatica. Emblematico in tal senso l’articolo di prima pagina del quotidiano Il Mattino, il più diffuso a Napoli – intitolato Bimba ferita, la guerra del racket e firmato da Nino Falco – che iniziava informando che la guerra dei clan per il controllo dei quartieri del centro è nuovamente esplosa “coinvolgendo ancora una volta una persona innocente”. In altre parole, a giudizio implicito del giornalista, le tre vittime cui l’aggressione mirava, responsabili a quanto ad oggi è possibile affermare soltanto di essersi rifiutate di pagare una tangente, non potevano essere dette “innocenti”. Ciò mostra quanto valgano, per molti di coloro che pure se ne professano difensori, il “garantismo” e la presunzione di innocenza, che si è sempre pronti a ossequiare se le accuse riguardano politici di professione o imprenditori, da dimenticare al volo quando si tratterebbe invece di applicarli a diseredati di ogni sorta.
Non è un caso, ritengo, che di fronte ad un atto di ribellione al sopruso ed alla criminalità organizzata (che, se non altro per ragioni di opportunità e di furbizia mediatica, le massime autorità locali e nazionali e gli organi di informazione avrebbero dovuto celebrare e onorare), per di più in un paese come il nostro, in cui un giorno sì e l’altro pure qualche partito razzista fomenta presunte ribellioni popolari all’arrivo di qualche decina di profughi che fuggono da condizioni raccapriccianti, e gli organi locali colgono la palla al balzo per rifiutare loro ospitalità, i principali media si accodino, anche attraverso questo modo di presentare e far circolare le notizie, al vento che tira. In quell’incipit dell’articolo di Falco c’era condensata forse non minore acquiescenza al razzismo montante di quella dei sindaci che, in questi ultimi mesi, hanno emesso ordinanze di respingimento dei profughi, scaricandone la responsabilità su, presunte o effettive, pressioni popolari.
Marco Celentano